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editoriali
Avvertenza
Sino al numero 347 (dicembre 2007) l’editoriale viene reso per intero nella pagina in questo numero.
Dal numero successivo il testo completo deve essere letto alla voce specifica editoriali riportati per numero progressivo. Poiché la pagina si apre sempre sull’ultimo aggiornamento, un editoriale deve essere ricercato facendo riferimento al numero del giornale. |
La drammatica vicenda del Costa-Concordia mette ancora una volta in vetrina davanti a tutto il mondo il tragicomico stato della nave Italia. Più che il meschino comportamento del capitano, scivolato su di una scialuppa, l’inadeguatezza delle strutture di salvataggio a bordo, il bassissimo livello di addestramento del personale di bordo, il maggiore scandalo è il fatto che le navi della Costa Crociere erano solite violare le più elementari norma di sicurezza in occasione dei ripetuti «inchini» al cospetto delle varie isole e lagune. E senza che nessuno fiatasse. L'Italia, paradiso dell'illegalità e del disprezzo assoluto verso tutto quello che è sicurezza e senso civico, può ben specchiarsi nell'immagine della gigantesca nave paurosamente inclinata. Con questa pubblica figuraccia l'Italia si è declassata in modo molto più clamoroso ed evidente di quel che può avere tentato di fare la Standard & Poors.
L'assurdo evidente, e non oggetto di commento sui giornali, è che questi mostri del lusso non meritano il nome di natanti, sono solo parallelepipedi galleggianti. Il torto è dei progettisti navali che si piegano alla logica del profitto e disegnano forme nautiche senza senso. Un'opera viva (così si chiama la parte emergente dalla linea di galleggiamento) esagerata, il doppio di un palazzo di dieci piani, per ospitare saloni, piscine, palestre, ecc., produce un forte sbandamento. Senza l'appoggio dello scoglio, la Concordia si sarebbe rovesciata e sarebbe affondata. Per l'inaffondabilità e stabilità assoluta, che oggi si deve pretendere, occorre che il baricentro resti sempre molto sotto la linea di galleggiamento e che volumi adeguati restino inaccessibili all'acqua. E ciò è possibile solo con radicale sacrificio del lusso – un lusso alla portata di un certo numero di tasche e a cui non vogliamo rinunciare.
Dopo il disastro Jan Fleichhauer sul settimanale tedesco «Der Spiegel» ha scritto: «Mano sul cuore: qualcuno si è forse meravigliato del fatto che il capitano della Costa Concordia fosse italiano? Ci si può immaginare che a compiere una simile manovra, inclusa la fuga successiva, potesse essere un tedesco oppure, diciamo anche, un capitano di marina britannico?». Per non esser da meno, con simmetrica barbarie Alessandro Sallusti ha titolato sul «Giornale»: «A noi Schettino, a voi Auschwitz». Senza alimentare nessuna autoindulgenza, dobbiamo riconoscere che il giornalista tedesco ha fatto considerazioni razzistiche nei confronti degli italiani, dicendo che questo disastro poteva capitare «solo» a un italiano, e non a un comandante tedesco o inglese. Dire «sempre» o «mai» e legarli a una connotazione di «razza» è razzismo. Siamo sempre pronti a sottolineare, giustamente, ogni alito di razzismo di certi italiani nei confronti di rom, neri, islamici, ecc., questa volta si tratta di un piccolo atto di razzismo di un tedesco nei nostri confronti.
Un atto di razzismo ben più brutale è stato compiuto contro i rom il 10 dicembre a Torino alla Continassa, per un inesistente stupro di un nomade, riducendo in fiamme le roulottes – persino peggiore della tentata strage che nel centro di Firenze ha causato pochi giorni dopo la morte di due senegalesi e il ferimento grave di altri tre. Più brutale perché collettivo e perché disposto a bruciare i bambini. Questi e altri simili tragici segnali di miserabile razzismo italiano, diffuso e strumentalizzato in politica, impegnano a fondo la nostra educazione civile e umana. Scrive infatti Alessandro Triulzi sullo «Straniero» di febbraio che «i recenti scoppi di violenza razzista in Italia non sono gesti isolati ma segni precisi di una cultura dell’odio e della discriminazione razziale che resta tenacemente annidata nella società italiana nel suo complesso, una violenza che, se non controllata, rischia di indirizzarsi su nuovi bersagli e di causare altre vittime. Negli ultimi venti anni in Italia […] si è incoraggiata la costruzione di un io nazionale e spesso locale che continua a vedere lo straniero come appartenente a un’umanità distinta, tanto più se di colore o cultura differente, e a una condizione per sua natura minore anche là dove questa è minacciata dall’assenza di standard minimi di vivibilità e democrazia nel paese di origine».
Si potrà (forse) risanare un bilancio economico, ma se il bilancio umano resta questo, così negativo, siamo falliti. Noi, con questo foglio, abbiamo solo la debole forza della parola scritta, che esprime comunicazione tra le coscienze, ma come cittadini dell'unico mondo umano cerchiamo alleanze contro il cancro del razzismo, che distrugge una polis più del terremoto.
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Ogni persecuzione religiosa dà più dolore e vergogna di tutte le altre persecuzioni, politiche, economiche, razziali. Infatti, colpire e uccidere te perché il tuo cuore crede e spera in modo un po' diverso da me, là dove nessuno di noi vede in modo diretto, oltre che cosa malvagia e cieca, è anche azione stolta: il tuo raggio di verità potrebbe aiutare il mio, e raddoppiare la luce, e io invece lo spengo con te. E se la religione è solo un pretesto per delitti di potere, non è minore la vergogna. Noi cristiani abbiamo da farci perdonare persecuzioni su altri credenti, compiute nella storia, non poche, non leggere. Eppure anche noi ne avevamo sofferte. Ora, ultimo triste episodio, alcuni violenti, abusando del nome dell'islam, in Nigeria, nel giorno di Natale, che è giorno di tutti, hanno ucciso in chiesa decine di cristiani. Nel dolore, e nell'offesa ad ogni umana spiritualità, è nostro primo evangelico dovere perdonare «perché non sanno quello che fanno» (Luca 23,34). Il secondo impegno è intensificare l'amicizia e la collaborazione tra le religioni, anzitutto coi nostri molti amici musulmani, coi quali ormai ci sentiamo fratelli nella ricerca di giustizia e pace. Sappiamo che essi deprecano come noi simili violenze, le quali – li assicuriamo – per noi non derivano dall'islam, ma dall'ignoranza e dallo smarrimento dei cuori, sempre possibili, sempre da guarire con la collaborazione spirituale delle nostre religioni.
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Crisi, parola usatissima, ogni minuto sui media e nei discorsi, al bar come al foglio. Dobbiamo appropriarci del significato etimologico del termine «crisi»: giudizio. Un giudizio severo sul sistema capitalistico, ma anche e soprattutto su ciò che sta dietro al sistema. Giudizio severo sull'idolatria del denaro, della crescita a tutti i costi, del consumismo di massa, del più = meglio, del lo-hanno-tutti-devo-averlo-anch’-io, giudizio duro come quello dei profeti di Israele nei confronti degli idoli e dei dogmi che «ricevono quotidianamente un massiccio e pressoché plebiscitario consenso di popolo» (Langer). Crisi, giudizio, giudizio nonviolento anche nell'interno dei nostri cuori. Giudizio, perciò, che deve cominciare da noi stessi, dal nostro stile di vita, senza complessi di colpa ma anche senza l'ossessiva ricerca di alibi.
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Napolitano non poteva fare di più per offrire un'alternativa credibile al voto affidando il governo a Mario Monti, dopo le dimissioni del Cavaliere. Se la scelta politica non è un azzardo e neppure una decisione ideologica, ma una reale e pensata assunzione di responsabilità, la cosa migliore è attendere e vedere meglio gli obiettivi e i mezzi con cui si ritiene di poterli raggiungere. Ma, come ha scritto argutamente Michele Serra, «prima di aprire il rubinetto dei vostri dubbi … cercate in rete il video Meno male che Silvio c’è … Rivederlo e sentirsi miracolati, guariti dalla peste, redenti dalla dannazione è tutt’uno … Per ogni ministro nominato, fate così: cercate di ricordarvi chi era il predecessore. Vedrete che in nove casi su dieci il passo avanti è stato grandioso. A prescindere» («Repubblica» 18/11). Lo stile è ora improntato a sobrietà e serietà (un ministro dopo il giuramento va a casa a piedi, Monti dopo la messa va a visitare un mostra e poi torna al lavoro), pare esserci un ritorno di interesse per la politica testimoniato anche dai media. E la gente sembra apprezzare: i sondaggi, secondo Ilvo Diamanti, danno circa l’80% di consenso al governo, compreso il 42% dell'elettorato leghista, e l’84% per la persona di Monti, poco sotto Napolitano («Repubblica» 20/11).
Intanto occorre accogliere con disponibilità le proposte del governo Monti, poi giudicarle, sentendosi liberi di appoggiarle o respingerle e andare alle elezioni. Un'analisi di sinistra forse dice il vero, quando dice che non c'è da esultare, e fa bene a togliere illusioni. Eppure adesso è necessario agire per difendere la borsa della spesa casalinga quotidiana, specialmente le borse più povere, dai banditi della finanza mondiale, avvezzi a divorare con indifferenza l'orfano e la vedova, “effetti collaterali” delle loro speculazioni sbrigliate, ben al di là di ragionevoli fini economici. In mancanza di altri difensori capaci e più energici, è necessario e dunque giusto ora affidarci vigilanti, senza illusioni, per il tempo necessario, a uno che conosce dall'interno quei meccanismi; che non è un cinico ladro; che è certo migliore del buffone egolatra, incapace di altro che non sia corrompere e rovinare tutti per gli affari suoi. Monti forse può fare, in difesa delle vittime, qualcosa di quel che non è consentito di fare agli alternativi. Per ora. Anche perché gli alternativi sono pochi, incerti, indecisi, finora più oppositori, in quanto minoritari, che davvero alternativi. Per il seguito del cammino lungo, c'è molto da pensare, imparare, preparare, volere.
Bisogna andarci cauti, perché l'uomo ha ancora parecchio potere e ha seminato molti “berlusconini” in giro per l'Italia. Ma la speranza è che se la demagogia berlusconiana verrà meno, anche la demagogia antiberlusconiana che le si contrappone possa progressivamente esaurirsi. E non solo nei partiti, ma anche in certi atteggiamenti sindacali, in alcuni vezzi intellettuali, nei protagonismi fuori luogo di taluni magistrati. Il che non vuole dire naturalmente che debba venir meno la capacità di porre domande radicali, di sollevare questioni scomode, di prospettare idee di alternativa che difficilmente una normale gestione politica parlamentare è pronta ad accogliere o vagliare. Ben lungi dall'essere sinonimi, estremismo e radicalità sono concetti e modi d'essere differenti: il primo è il terreno dell'ideologia, il secondo della profezia.
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