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editoriali
D’altronde, il Ministero dell’Agricoltura è stato ribattezzato Ministero “della Sovranità Alimentare”, anche se non si spiega cosa ciò significhi in concreto. E quello dell’Istruzione assurge a Ministero “del Merito”, come se fino a ieri non si fosse promosso e bocciato. (Odora un po’ d’altri tempi, invece, il Ministero per la Natalità). Intanto – mentre si avvia l’occupazione della Rai ‒ anziché il contrasto alla gigantesca evasione fiscale abbiamo l’innalzamento del tetto per l’uso del contante e il regalo ad autonomi e partite Iva, con tassazione piatta al 15% sino a 85mila euro. Il medico ‘gettonista’ (che costa all’azienda ospedaliera 1.200 euro al giorno) verrà tassato meno della metà del collega dipendente dall’ospedale. L’orizzonte resta quello di una graduale fuoriuscita dal principio di progressività dell’imposizione fiscale: per non dire delle fosche nubi che si addensano sul futuro delle istituzioni repubblicane, che rischiano di essere stravolte dall’autonomia differenziata e dal presidenzialismo. Nel contempo, non solo si rifiuta l’introduzione del salario minimo, ma si provvede ad altre piccole economie, come la cancellazione del Fondo - che veniva assegnato ai Comuni - per la tutela delle morosità incolpevoli negli affitti delle abitazioni private e delle case popolari (nessuna economia, invece, sulle armi – sinora un miliardo di euro? – destinate all’Ucraina). Riguardo al Pnrr la presidente del consiglio e i suoi ministri hanno detto e fatto assai poco nei primi sei mesi di governo: e ora ammettono che una quota consistente di quelle risorse resterà inutilizzata, sicché conviene metterci una pietra sopra. Non si sviluppa neanche un’analisi sulle ragioni del fallimento: altrimenti si dovrebbe riconoscere che la pubblica amministrazione è stata gradualmente depotenziata e occorrerebbe almeno fare qualcosa per rimediare. Sull’altro grande tema – la questione ambientale e climatica, l’urgenza della transizione ecologica – viaggiamo col piede sul freno: si capisce che non è nelle corde di Meloni e Salvini occuparsi del domani e del dopodomani, o delle generazioni venture. Ad esempio, è ben difficile che nei loro programmi trovi spazio la proposta ‘zero consumo di suolo’, finalmente fatta propria dalla nuova segreteria del Pd. A questo proposito: capita di incontrare ex parlamentari Pd che definiscono “un disastro” l’elezione di Schlein. Non c’è da stupirsi: che tra iscritti e dirigenti prevalesse Bonaccini lo dicono i numeri. Stupisce semmai che non ci si interroghi sulle ragioni dell’esito delle primarie: magari qualcuno si è accontentato di attribuirlo a un colpo di coda del ‘populismo’, categoria così generica – ormai - da inglobare tutto ciò che sfugge alla miopia della classe politica. Comunque sia, è evidente che Schlein si trova di fronte a una partita difficile. E non tanto per le resistenze interne, o per l’impossibilità di invertire in tempi brevi la rotta su materie assai impegnative. La difficoltà principale – di cui si è detta consapevole – è quella di sottrarsi all’agenda politica della destra e imporne una radicalmente diversa. In altri termini, se ci si limitasse a replicare all’iniziativa del governo e alle più o meno infelici dichiarazioni dei suoi esponenti (con doverosi e ostinati richiami ai valori dell’antifascismo e della Costituzione) si farebbe cosa buona e giusta ma – nell’Italia di oggi - non si guadagnerebbe un voto: si convincerebbero i già convinti. La sinistra – qualsiasi sinistra – ha un futuro solo se riprende a parlare tutti i giorni di lavoro, di istruzione e di sanità: in modo serio, continuo, documentato e propositivo, ma in termini chiari e comprensibili, e senza demordere. Come dall’altra parte si è parlato in modo ossessivo (e purtroppo semplicistico) di immigrazione, sino a convincerci che essa – e non quegli altri problemi – costituisca il dramma numero uno del paese e la causa fondamentale della sua crisi. Un discorso a parte meriterebbe poi, anche dentro il Pd, la necessità di un’ulteriore riflessione sulla guerra in Ucraina e di un lavoro concreto per riaprire prospettive di pace. □
Il gruppo di potere che domina la Russia dallo scioglimento dell’Urss (politici, oligarchi, popi), sanguinaria, corrotta, reazionaria, prendendo come pretesto la difesa delle regioni russofone, sta tentando di impedire al popolo ucraino di decidere liberamente il proprio destino. Un problema che poteva essere risolto tramite accordi che concedevano alle regioni russofone un’ampia autonomia nell’Ucraina tipo quella di cui godono in Italia Alto Adige e Valle d’Aosta, è degenerato trasformandosi in un’invasione e in un massacro spaventoso di cui non si intravede la fine. Questa tragedia si inserisce in una fase storica che vede la messa in discussione dell’ordine mondiale. Negli ultimi 300 anni il mondo è stato dominato dalla forza economica e militare dei paesi occidentali (tranne la parentesi del bipolarismo con l’Urss del secondo dopoguerra, che ora Putin vorrebbe vanamente ripristinare). Ora però nuove potenze si stanno affacciando alla ribalta, mentre l’integrazione dell’economia mondiale e la difesa dell’ambiente pongono a tutti gravi emergenze. L’ordine globale unipolare che l’Occidente a guida Usa aveva riconquistato dopo la fine dei regimi comunisti è stato messo quasi subito in discussione da una serie di guerre e rivoluzioni: le due guerre irachene, l’attacco alle Torri gemelle, la guerra in Afganistan, quella contro lo Stato islamico, le primavere arabe con le conseguenti guerre in Libia e in Siria. In tutti questi avvenimenti la situazione dopo lo scontro armato è risultata quasi sempre peggiore di quella che lo aveva generato. La guerra in Ucraina è l’atto più recente di questo scontro globale. Insieme all’unipolarismo è entrata in crisi anche la globalizzazione. I suoi piedi d’argilla, la mancanza di regole, ha provocato il crack finanziario del 2007-2009, che ha portato il sistema bancario mondiale molto vicino al collasso, e un ulteriore degrado dell’ecosistema terra: l’inquinamento, il consumo vorticoso delle materie prime, l’accumulo di montagne di rifiuti sono stati accelerati dal grande sviluppo industriale che ha coinvolto miliardi di persone prima al limite della sopravvivenza. Questa è la situazione del mondo oggi, e dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che non si può continuare a lungo ad agire come si è fatto finora. Occorre modificare l’assetto del potere mondiale per poter dare delle regole alla globalizzazione per evitare che l’economia finisca nel caos e distribuire equamente i sacrifici necessari a mantenere l’equilibrio ecologico. Ma come realizzare un’impresa così difficile e mai tentata prima se prevalgono il sospetto reciproco e l’arroganza? Certo superare secoli di politiche di potenza e di dominio, il riflesso condizionato della sovranità, la paura di regredire a vantaggio di altri, le difficoltà oggettive dell’intreccio in cui ci troviamo avviluppati non è facile, ma l’alternativa l’abbiamo sotto gli occhi: la guerra in Ucraina è un modello in scala ridotta di ciò che potrebbe capitare a livello planetario. Perciò, per il bene e il futuro dell’umanità, le grandi potenze, vecchie e nuove, deposto il demone egemonico, devono sedersi al tavolo delle trattative e trovare al più presto un accordo globale per ridistribuire oneri e vantaggi necessari per correggere l’insostenibile disequilibrio che oggi mette in pericolo le vite di tutti noi. □
In realtà il governo Meloni non ha ancora fatto nulla di quello che aveva promesso durante la campagna elettorale. Finora si è limitato a seguire diligentemente l’agenda di Mario Draghi: mostrarsi il più fedele alleato Nato e tentare di mantenere i conti a posto come vuole l’Europa. Il resto è propaganda. Il primo decreto “legge e ordine” per regolare i rave party è stato svuotato; il tentativo di bloccare le navi delle Ong per ridurre l’afflusso di migranti ha avuto finora effetti perversi perché le Ong continuano nei loro salvataggi, anche se con qualche difficoltà e qualche tragedia in più, e anche perché i migranti soccorsi da loro sono una minima parte di quelli che continuano ad arrivare, via terra e via mare in Italia; la proposta di Nordio per la riforma della giustizia ha ricevuto un’accoglienza fredda anche all’interno della stessa maggioranza così come quella di Calderoli sull’autonomia regionale; di riforma del fisco, cavallo di battaglia della destra, nessun accenno. Ma allora perché dura questa bonaccia? Innanzitutto non bisogna sottovalutare l’acquiescenza di gran parte dei mezzi di informazione, con la televisione punta di diamante. Gli editori, ormai incapaci di mantenersi con le vendite dei giornali, sono costretti a farsi finanziare da gruppi di potere perdendo così la loro libertà di critica, mentre uomini e donne di destra controllano gran parte dei canali televisivi. Non c’è dubbio però che la causa principale è la profonda crisi della sinistra, legata a vecchie ideologie, vecchie politiche o semplicemente senza più idee. Crisi non solo italiana, ma di tutto l’Occidente dove le destre conquistano, uno dopo l’altro, i vecchi capisaldi socialisti. La globalizzazione ha reso il tradizionale internazionalismo dei partiti di sinistra sospetto alle classi popolari che temono la concorrenza dei nuovi popoli che vogliono sedersi alla mensa dello sviluppo. La ex base elettorale di sinistra, spaesata, frastornata, spaventata o profondamente delusa si astiene o si sposta da un partito all’altro in cerca di un punto di riferimento e di difesa contro i pericoli, veri o presunti, che ci circondano “sinistramente”, approdando infine ai partiti di destra che astutamente promettono la difesa a oltranza dei “Sacri Interessi Nazionali”. A questa realtà profonda, in Italia si aggiunge un fattore “culturale”. Spesso i politici di sinistra appaiono alle classi popolari supponenti, distanti, una classe privilegiata, elitaria. Mentre i politici di destra sanno rappresentarsi più conformi al mediocre livello culturale generale. Il populismo ha così ampi spazi di manovra. Il caso delle esternazioni di Berlusconi su Putin e Zelensky è emblematico. Cosa sarebbe successo se uno dei massimi dirigenti di un partito di un governo di sinistra avesse detto quel che ha detto Berlusconi di Zelensky? Sicuramente uno sconquasso con accuse e controaccuse reciproche e probabilmente il governo sarebbe entrato in crisi. E il popolo non avrebbe capito. Invece la Meloni, accanto a Zelensky che rimbeccava duramente un suo importante alleato, ha fatto finta di non aver sentito. Tutto appare come se le parole non avessero significato, come se non fosse una cosa seria. Lo stesso si può dire per le esternazioni improvvide di questo o quel ministro. Dalla società scarsissime reazioni. Molti a sinistra parlano di pericolo fascista: a noi pare più semplicemente mediocrità e furbizia spicciola. Ormai è chiaro che la sinistra debba essere ricostruita su basi completamente nuove più conformi alla fase storica che stiamo attraversando col concorso di personalità di alto profilo morale e intellettuale e di ampia visione, in Occidente e non solo in Italia, dove non sappiamo se e quanto la recentissima elezione di Elly Shlein alla guida del Pd vi possa contribuire. Purtroppo però non sarà un processo facile, né breve, né indolore. E questo rende il futuro di tutti più incerto e pericoloso. □ |
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